Nel gennaio del 2002 una donna di nome Annamaria Franzoni chiama il 118 chiedendo soccorso per il figlio che stava vomitando sangue; inoltre, chiama anche il medico di famiglia (Ada Satragni) che arriva a casa sua diagnosticando al bambino un aneurisma cerebrale, poi lo prende dal letto pieno di sangue e lo porta in bagno per pulirlo e portarlo fuori, danneggiando così quella che sarà riconosciuta come scena del crimine. Quando i soccorsi arrivano notano che il bambino non stava assolutamente vomitando sangue, ma la sua testa era rotta e usciva addirittura la materia grigia.
I soccorsi chiamano i carabinieri avvertendo della grave ferita del bambino, pensando quindi ad una violenta aggressione. Constatata la morte del bambino e fatta un’autopsia, il medico legale conta 17 ferite da corpo contundente sulla testa, sulla testa di Samuele Lorenzi ci sono pure tracce di rame, come se fosse stato colpito da un oggetto simile a un mestolo, presenta anche delle ferite sulle mani come se si fosse difeso nonostante i tre anni di età. Nel momento in cui la madre viene interrogata, racconta di essere uscita ad accompagnare il fratellino alla fermata del pullman e successivamente di essere subito tornata a casa e aver trovato il figlio in quello stato; quindi dice di sospettare che qualcuno si sia introdotto in casa loro. Tutto questo alla polizia non quadra, poiché la sua assenza in casa risulta essere di poca durata, non sono presenti segni di irruzione o impronte digitali estranee. Difatti lei, inizialmente, sostiene di aver chiuso la porta a chiave, ma subito dopo cambia versione dicendo di non averlo fatto per paura di svegliare il figlio dormiente che si trovava al piano di sopra.
Dopo accurate analisi della scena del crimine sono state ritrovate sul pigiama e gli zoccoli della donna delle tracce di sangue, ossa e della materia cerebrale del bambino. In seguito sono poi state intercettate delle telefonate molto sospette della donna, telefonate che sembrano affermare la colpevolezza della donna, in cui dice ad un’amica: “non so cosa mi sia successo”, un’altra in cui si sentono chiaramente il padre ed il marito della Franzoni mentre discutono di lasciare un martello nel giardino del vicino per incastrarlo.
Un altro dettaglio raccapricciante inoltre avviene quando la donna, impassibile e quasi inconsapevole, si rivolge al marito dicendogli: “mi aiuti a fare un altro figlio?”, mentre il piccolo Samuele, anche se poco e con fatica, respirava ancora.
Annamaria notando che la situazione stava diventando difficile, comincia ad accusare varie persone. Il primo a subire le sue accuse fu Ulisse, il vicino di casa, identificato dalla donna come losco; successivamente accusa Daniela, la stessa amica con cui aveva avuto degli screzi e anche la stessa che aveva chiamato quando Samuele era in fin di vita.
La Franzoni viene poi condannata a 30 anni di reclusione, ma dopo ben 6 anni (durante i quali ottenne diversi permessi) viene messa ai domiciliari; nel 2018 lascia definitivamente gli arresti, una donna libera che però in tutti quegli anni non ha mai nessun segno di rimorso e pentimento.
Per molti Annamaria è un mostro, altri invece pensano che si tratti di un caso di amnesia dissociativa, cioè un meccanismo psicologico di autodifesa che la mente mette in atto per proteggersi dall’accettazione di aver commesso un atto così orribile e pesante, durante un momento di confusione e disperazione. Difatti molte mattine, Annamaria era solita allarmare il marito affermando di non sentirsi bene e di aver bisogno dell’intervento del 118. Sono solo suoi sconvolgimenti emotivi molto forti. Per i medici Annamaria è un soggetto con una personalità isterica e narcisistica che utilizza meccanismi di rimozione e negazione. Il giorno dell’assassinio Annamaria sarebbe stata in preda a uno ‘stato crepuscolare’, nell’ambito del quale avrebbe compiuto il massacro del proprio figlio per poi rimuoverlo dalla coscienza.¹
E voi? Cosa ne pensate?
¹ https://www.fanpage.it/attualita/cogne-i-demoni-di-annamaria-e-l-omicidio-del-piccolo-samuele-lorenzi/ https://www.fanpage.it/
Scritto da Alessia Guzzo e Irene Salerno